Il casco è un copricapo protettivo, realizzato in materiale resistente agli urti e usato sia in ambito sportivo sia nel mondo del lavoro, allo scopo di preservare la testa da impatti improvvisi.
Pur derivando chiaramente dall’elmetto, si distingue per essere stato concepito ed essersi tecnicamente evoluto in funzione di proteggere la testa dagli effetti dell’impatto di un corpo in velocità contro oggetti generalmente fermi. Da cui il nome “casco” che etimologicamente discende da “cascàre”.

La prima documentazione relativa all’uso del casco è formata dalle cronache dell’incidente occorso al campione statunitense di ciclismo su pista Harry Elkes. Il 30 maggio 1903, mentre stava provando la pista del velodromo di Boston, prima della gara di mezzofondo, Elkes cadde e venne travolto da uno stayer che lo seguiva, finendo con il capo schiacciato dalla ruota del motociclo. I raccapriccianti effetti dell’incidente, l’enorme numero di spettatori presenti e la popolarità del ciclista, ne fecero un caso di grande impatto mediatico, con decine di articoli sulla stampa americana ed europea. Fu in quell’occasione che, per la prima volta, si iniziò a discutere sull’opportunità di indossare un casco protettivo nelle gare velocistiche.

I primi caschi per piloti di auto e moto furono dei semplici copricapo in cuoio morbido, del tutto simili a quelli utilizzati dai pionieri dell’aviazione. Già dalla fine degli anni dieci cominciarono ad essere utilizzati i primi caschi realizzati in cuoio rigido, sagomati “a scodella”, ai quali furono presto aggiunte delle bordature in cuoio con la funzione di attutire maggiormente gli urti.

La grande frequenza degli incidenti durante le competizioni e le drammatiche conseguenze dovute ai circuiti dell’epoca, spesso collocati sulle strade dei centri cittadini, mantennero alta l’attenzione degli organizzatori e delle autorità, verso una maggiore sicurezza dei piloti. Nel 1922, in occasione della 3ª Coppa d’Inverno svoltasi sul circuito di Montichiari venne imposto per la prima volta in Italia l’obbligo di uso del casco ai concorrenti durante le prove e la gara.

A partire dalla seconda metà degli anni venti si registra una grande evoluzione tecnica dei caschi, soprattutto ad uso motociclistico, che vede l’utilizzo di varie tipologie d’imbottitura, dal sughero, alla polpa di legno, alla tela, oltre all’aggiunta della parte copri-nuca integrata al sottogola.

Negli anni trenta e quaranta, sempre mantenendo l’identica foggia, ebbero una limitata diffusione caschi con calotta in lega leggera ottenuta per stampaggio, particolarmente economici, per poi passare alla fibra vulcanizzata, al poliestere e, finalmente, alla fibra di vetro, a partire dal 1954. Con questi materiali verniciabili, nacque la consuetudine di colorare i caschi in modo vistoso, allo scopo di offrire al pubblico la possibilità di identificare più facilmente il concorrente nelle gare motociclistiche.

Il casco ha delle caratteristiche che gli permettono di proteggersi da urti più o meno violenti:

  • Calotta: è la parte esterna del casco, la quale è estremamente resistente, perché oltre a ridistribuire la forza dell’urto su una vasta area del casco, deve rimanere il più possibile integra alla sollecitazione, altrimenti la funzione del casco non solo lo vanifica, ma può aggravare l’urto aumentando l’entità delle lesioni.
    La calotta può essere realizzata con materiali termoplastici (ABS, policarbonato, …) o con materiali compositi (più costosi ma più leggeri) come il carbonio, il kevlar o la fibra di vetro.
  • Imbottitura: è il sistema ammortizzante del casco, può essere fatto in vari materiali (generalmente polistirolo espanso) i quali hanno il compito di assorbire l’urto in modo graduale.

Il casco per notociclette

Il casco forse più conosciuto è quello che si vede indossato da motociclisti, al fine di proteggere il conducente (e il passeggero) dagli urti contro altri veicoli o cose. In Italia l’obbligo di uso del casco è sancito dall’articolo 171 del Codice della strada.

I caschi si distinguono per tipo di sottogola

  • Sgancio rapido o Chiusura rapida , sono caratterizzati da un pulsante (posto sulla parte del cinturino più corto) che fatto scorrere, lascia libero l’anello (posto sulla parte del cinturino più lungo) e permette l’apertura, inoltre l’anello è munito di una fibbia per la regolazione della lunghezza.
  • A doppio anello, quest’ultima è preferibile poiché si regola ad ogni utilizzo e presenta meno criticità di meccanica e risulta più facile da allacciare e slacciare.
  • Micrometrico, sistema che consente di regolare la lunghezza del cinturino ad ogni utilizzo e un rapido sgancio dello stesso, dove il bloccaggio è garantito da una cinghia di plastica con scanalature e da un fermo, il quale è munito di una bandella per lo sgancio.

Tipi di casco Casco aperto, integrale e modulare

  • Cromwell: anche detto “a scodella” o “leggero”, in uso fino agli anni sessanta, poi abbandonato a causa della sua scarsa proiettività e, per questa ragione, proibita nella maggior parte dei Paesi nei quali l’uso del casco è obbligatorio. In Italia la vendita del casco tipo Cromwell è stata consentita, per il solo uso ciclo motoristico, fino alla pubblicazione del Decreto 28 luglio 2000 del Ministero dei Trasporti che ne vietò l’omologazione e per l’anno successivo ne vietò la vendita. A partire dal 12 ottobre 2010 viene definitivamente proibito qualsiasi uso di questo casco su mezzi motorizzati.
  • Aperto: detto anche jet, è leggermente più protettivo di quello leggero, ha una visiera di lunghezza variabile, normalmente apribile ed è usato prevalentemente da chi guida moto di piccola-media cilindrata in climi caldi e/o in città.
    In caso di urto non offre grande protezione alla mandibola, alla mascella e al naso che sono coperti solo dalla visiera.
    Questo tipo di casco nell’etichetta di omologazione riporta indicata la lettera “J”
  • Demi-jet: casco di tipo simile al jet caratterizzato da minore lunghezza nella zona della nuca che offre una migliore mobilità del capo, a scapito della protezione. I caschi demi-jet sono generalmente provvisti di visiera ribaltabile.
  • Integrale: protegge tutta la testa compresa la nuca e presenta una spessa visiera mobile. È la tipologia che offre il più alto grado di protezione ed è generalmente usato dai piloti di auto e moto nelle competizioni (come ad esempio il motomondiale e la Formula 1) e da chi compie medi-lunghi viaggi con il motoveicolo e/o nel periodo invernale. Questo tipo di casco riporta la dicitura “P” sull’etichetta di omologazione.
  • Modulare o Apribile: Originariamente i caschi modulari sono caschi integrali con la possibilità di asportarne la mentoniera per ottenere maggiore comodità e ampliare il campo visivo. Successivamente nel linguaggio comune sono stati associati ai cosiddetti “Apribili”, in cui la mentoniera può essere sollevata o ribaltata all’indietro, restando comunque sempre agganciata al casco.
    Per questo tipo di caschi non esiste una specifica omologazione: alcuni (normalmente i più vecchi) sono omologati semplicemente come Jet (lettera “J” nell’etichetta di omologazione), alcuni come Integrali (lettera “P”), altri hanno la doppia omologazione (indicata con “J/P”). Nell’uso di tale tipo di casco occorre prestare attenzione all’omologazione: nel caso sia omologato come integrale non è possibile circolare con la mentoniera aperta, in quanto il casco potrebbe non offrire una protezione adeguata alla relativa omologazione.
  • Elettronico: Il Casco Protettivo Elettronico (CPE) è una misura di Intelligent transportation system (ITS) che mira ad innalzare gli standard di sicurezza del trasporto sulle due ruote. Il Casco Protettivo Elettronico è un sistema tecnologico di abbinamento tra il veicolo e il casco. Il conducente non può avviare il ciclomotore se il casco non è correttamente indossato ed allacciato. Il casco è quindi dotato di sensori per percepire le correnti elettrostatiche ed elettromagnetiche, emesse dal corpo umano, in modo tale da verificare la corretta posizione del cranio nella calotta interna. Il casco è altrettanto fornito di sensori per intercettare il corretto allacciamento del sottogola. I dati sono quindi comunicati ad una centralina del motoveicolo che impedisce l’avviamento del mezzo in caso di mancato o non conforme utilizzo del casco.

La visiera del casco può essere di vari tipi

  • Trasparente, questo è il tipo di visiera più utilizzato, che permette una perfetta visione in tutte le condizioni
  • Oscurata, questa visiera ha la particolarità di non essere perfettamente trasparente e quindi di limitare l’intensità luminosa dei raggi solari, rendendoli comode durante l’estate, la sera e il mattino, tutte quelle situazioni dove si può avere un intenso raggio di luce diretto ai occhi
  • A specchio, questa visiera ha gli stessi vantaggi delle visiere oscurate, in più evita che il volto del guidatore possa essere visto.

Particolarità

I caschi non sempre hanno la visiera, come nei modelli da cross, mentre ricompaiono nei modelli da enduro, in questi casi si ha/utilizza:

  • Mascherina o occhialini nel caso il casco non ha una visiera, come nei modelli da cross, si utilizzano delle mascherine, che ne sostituiscono la funzione.
  • Parasole, nei caschi da cross questo parasole è molto marcato, tale componente è comunemente definito visiera e serve per evitare che i raggi solari giungano in modo diretto agli occhi del pilota.

Omologazione

Il casco, di qualunque tipo sia, deve essere omologato dal Ministero dei Trasporti e l’etichetta di omologazione che vi è applicata deve comprendere:

  • Numero distintivo dello Stato di immatricolazione (ad esempio “E3”)
  • Numero di omologazione (ad esempio “0347196”)
  • Numero di produzione (ad esempio “37628”)

Obbligo di utilizzo ed esenzioni

L’uso del casco è obbligatorio secondo l’attuale “Decreto Legislativo N. 285 del 30/04/1992” per:

  • Tutti i conducenti e passeggeri di ciclomotori e motocicli, sia maggiorenni che minorenni (legge dell’11 gennaio 1986).
  • I conducenti e i passeggeri di motocarrozzette e di motocicli (comprese le forze di polizia ed i conducenti di moto d’epoca durante la manifestazioni).

Sono esenti da quest’obbligo:

  • Ciclomotori e motoveicoli a tre o a quattro ruote dotati di carrozzeria chiusa
  • Ciclomotori e motocicli a due o a tre ruote dotati di cellula di sicurezza a prova di crash e sistemi di ritenuta (ad esempio il motocarro).

Per le biciclette il codice della strada non impone alcun obbligo, ma viene imposto nelle competizioni giovanili.

Note sulla sicurezza

Il casco risulta essere molto importante in caso di urto, ma è altrettanto importante applicare altri accorgimenti:

  • Non sfilare il casco, in caso d’urto, soprattutto se violento, il casco deve essere rimosso da personale in grado di preservare l’allineamento del rachide cervicale del paziente traumatizzato, infatti l’impatto subito dal casco si può trasferire sul rachide cervicale che in questo caso deve essere mantenuto allineato sino a diagnostica ospedaliera.
  • Collare sottocasco, questo è un tipo di collare che si interpone tra il casco e le spalle del conducente, la sua funzione è quella d’evitare un’iperflessione del collo, che può portare alla sua rottura, tale protezione è molto importante e usata nelle competizioni, di qualsiasi livello esse siano.