L’arte del dubbio

Anni fa, quando fu pubblicato per la prima volta con un altro titolo, questo libro “L’arte del dubbio” era diverso da adesso .  Gianrico Carofiglio (Bari 1961), allora esclusivamente un magistrato ben lontano dai romanzi che ne hanno fatto uno degli autori più amati dal pubblico, l’aveva concepito come un manuale sulla tecnica dell’interrogatorio, su come demolire o rafforzare una testimonianza nel dibattimento penale. Ma siccome il testo era tutto costruito su casi concreti, su verbali di veri interrogatori, ebbe una cerchia di lettori più vasta di quella degli specialisti. Evidentemente molti, da « clandestini»,  in quel libro avevano trovato  un  inatteso  e  sorprendente piacere di lettura. Nell’arte controllata  di  insinuare  il  dubbio  fra  i  fatti avevano avvertito l’umorismo, ossia il lavoro del contrario. In breve, lo spirito della letteratura, in una raccolta di racconti veristici venati di giallo : pezzi di vita, storie tragiche e comiche di esseri umani presi in avventure e peripezie,  di prede e predatori,  furbi e poveracci sul palcoscenico del processo che diventa teatro di vita. Da tutto questo lo stimolo a ripubblicarlo oggi,  quel libro,  liberato  dalle parti più tecniche, per tornare ciò che era veramente e non sapeva di essere: una raccolta di racconti giudiziari. Ma, oggi, con un gusto in più. Sono rarissimi i documenti che ci permettono di entrare nell’officina di uno scrittore, osservarlo mentre trova la chiave personale, l’ispirazione, scoprirlo mentre affina le sue armi visionarie e fantastiche. Questo è uno di quei documenti. Carofiglio scopriva il fascino letterario del processo italiano, quella potenzialità di tragedia e commedia, attuata poi nei romanzi dell’avvocato Guerrieri. Con la loro inconfondibile capacità di guardare alla realtà frantumata dall’unica lente forse possibile: le storie, che infatti – osserva Guerrieri – “sono tutto quello che abbiamo”.

                                                                                  Carofiglio a Nola