Riceviamo e volentieri pubblichiamo dal Per. Ind. Ernesto Schember

Riflessioni di un ricostruttore lunatico – 1

Mi capita alle volte di non avere altro a cui pensare. E allora mi pongo problemi.

Problema: Una persona, seduta sul sedile posteriore di un’auto che sta viaggiando a 50 Km/h e si arresta contro un ostacolo fisso, viene spinta in avanti con una forza che è pari a 40 volte il suo peso. L’ho letto da qualche parte.

Ragioniamo e, dal  momento che ci vengono dati numeri esatti, più in là ipotizziamo le misure dei dati mancanti ma facciamo anche qualche ipotesi aggiuntiva.

Innanzitutto, cosa succede quando siamo su un veicolo e questo frena o accelera? Immaginiamo di essere su un autobus, all’in piedi, e non ci stiamo sorreggendo agli “appositi sostegni”, come prescrive il regolamento viaggiatori.

Ci sentiremo proiettati in avanti, nel caso l’autobus freni, o all’indietro nel caso acceleri.

La sensazione, ovviamente, della proiezione in avanti o all’indietro va riferita all’autobus preso come sistema di riferimento: in realtà noi stiamo continuando a procedere alla stessa velocità dell’autobus prima che questo frenasse o accelerasse; la nostra massa corporea, per la prima legge di Newton, quindi, non ha variato la sua velocità per il semplice motivo che nessuna forza è intervenuta (sul nostro corpo) a variarne lo stato di moto posseduto prima della frenata (o dell’accelerata).

Ma la forza agita dal conducente attraverso i dispositivi frenanti (o acceleranti) interviene, per la seconda legge di Newton, a variare lo stato di moto dell’autobus che, quindi, varia nel tempo la velocità che la massa veicolare aveva immediatamente prima dell’azione dell’autista. Variare la velocità nel tempo si dice “accelerare”. Se la variazione della velocità è in diminuzione si dice anche decelerare (ma, da un punto di vista fisico, è brutto; meglio parlare di accelerazione in ogni caso, anche in frenata).

In caso di accelerazione costante (moto uniformemente accelerato), quando, cioè, la velocità varia di quantità uguali in tempi uguali su una traiettoria rettilinea, la seconda legge di Newton viene espressa come di seguito:

F= m × a (e così evitiamo il ricorso al calcolo infinitesimale),

Che si legge: “la forza frenante F è pari al prodotto della massa m dell’autobus per l’accelerazione a che ne consegue.”

Oppure:

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Che si legge:

“la decelerazione (accelerazione) a con cui un autobus varia la sua velocità nel tempo è pari alla forza frenante (accelerante) F che applico alla massa veicolare m, diviso la massa stessa.”

Adesso, se il veicolo decelera nella misura in cui si è detto e, invece, il mio corpo continua a muoversi alla stessa velocità costante di prima, posso anche dire, cambiando il punto di osservazione (sistema di riferimento), che l’autobus si muove a velocità costante mentre l’azione frenante dell’autista ha provocato l’accelerazione in avanti della mia massa corporea. Sappiamo bene che non è così, ma gli effetti non cambiano: io andrò a sgrugnarmi contro lo schienale dell’autista dell’autobus.

Ma quanto vale la forza che mi produce le lesioni?

È presto detto:

F= m × a     dove, però, stavolta m è la mia massa corporea.

Facciamo un esempio:

L’autobus viaggia a 36 km/h: quindi il mio corpo viaggia a 36 km/h (10 m/s). L’autista frena con un’intensità di 3 m/s2 (cioè diminuisce la sua velocità di 3 m/s per ogni secondo di frenata, vale a dire di 10,8 km/h per ogni secondo). Per quanto abbiamo detto prima, quindi, è come se l’autobus procedesse a velocità costante mentre il mio corpo, improvvisamente, prendesse ad accelerare.

Quale potrebbe essere, quindi, la forza capace di imprimere al mio corpo (70 kg) un’accelerazione di 3 m/s2?

Appunto, F= m × a = 70 Kg × 3 m / s² = 210 N

e una forza di 210 N è pari a

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una spinta sulla schiena sufficiente a farmi cadere in avanti se non mi sorreggo bene!

Immaginiamo adesso di stare su un’auto che viaggia a 50 km/h e che sbatte, arrestandosi, contro un muro in c.a.; con quale accelerazione si arresta? Vale a dire, con quale accelerazione mi muovo contro l’auto se non indosso le cinture?

Adesso facciamo qualche ipotesi aggiuntiva: mettiamo che l’auto riporti uno schiacciamento uniforme anteriore di 25 cm (0,25 m).

Ipotizzando un’accelerazione uniforme (sempre per non scomodare il calcolo infinitesimale) potrò calcolare:

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vale a dire che la velocità dell’auto nell’urto diminuisce di ben 107 km/h per ogni secondo (ma l’urto, fino all’arresto, dura notevolmente meno di un secondo e, quindi, la diminuzione di velocità è di 50 km/h).

Adesso applicando

F = m × a

all’accelerazione appena calcolata e ad una massa corporea di 70 kg, otteniamo una forza orizzontale F pari a 27.006,17 N che sono pari ai più familiari 2.752,92 kg peso: per l’appunto, circa 40 volte il peso di una persona di 70 kg.

Concludendo, è meglio indossare le cinture di sicurezza. Se poi, in caso d’incidente, tra me passeggero e la plancia (o il sedile anteriore se sto seduto dietro), oppure, tra me conducente e il volante, lo spazio esistente verrà anche riempito da una borsa che si gonfia per alcune decine di millisecondi, la capacità protettiva della cintura di sicurezza ne verrà amplificata; perché è inutile illudersi: non potremmo mai farcela con la sola forza delle nostre braccia a ripararci dall’andare a sbattere contro le strutture dell’auto.

E, tanto per terminare con opportune raccomandazioni, è meglio evitare anche di mettere libri, borse oppure ombrelli sulla cappelliera (così io chiamo il copribagagliaio posteriore). In caso d’urto frontale, anche se siete ben protetti da cinture e air bag, pensate a che razza di proiettile potrebbe arrivarvi dietro la testa!

E, se non indossa le cinture di sicurezza (perché è anziana ed insofferente, poverina), il proiettile potrebbe essere vostra suocera che avete fatto accomodare dietro.

Napoli, 16 febbraio 2012

Ernesto Schember