Il lungo elenco degli “indignati” contro le assicurazioni cresce di una nuova autorevolissima unità: l’Antitrust. La lucida analisi esposta, di recente, dal suo presidente, Antonio Catricalà, alla X Commissione del Senato ha, infatti, il merito di rimarcare le responsabilità delle compagnie in un sistema che penalizza, in primis, i cittadini e, in generale, l’economia del Paese visto che l’assicurazione sulla responsabilità civile dei veicoli a motore incide sul prezzo finale della gran parte dei beni e servizi offerti sul mercato.

I punti critici sono risaputi, ma il fatto che siano stati ribaditi inequivocabilmente dal Garante della concorrenza è un dato di massima rilevanza a conferma dell’assoluta iniquità di un mercato troppo sbilanciato a favore delle compagnie.

I costi delle polizze sono uno scandalo vergognoso che ci rende unici nel panorama europeo: in nessun altro Stato dell’UE si sono registrati, nell’ultimo decennio, aumenti dei premi RCA così vertiginosi e smisurati. Se poi si sposta l’attenzione al solo ambito nazionale, stupisce che la forbice tra Nord e Sud del Paese abbia raggiunto livelli insostenibili senza che nessuno si sia attivamente impegnato a porre un argine ad una politica tariffaria gravemente discriminatoria nei confronti del Meridione, della Campania e di Napoli in particolare.

A giustificazione di tale situazione, più volte l’Ania – l’Associazione che rappresenta le compagnie – ha fatto riferimento alle frodi, ma la motivazione non convince nemmeno l’Antitrust. Le truffe sono un fenomeno contenuto rispetto alla totalità dei sinistri, dice Catricalà e, comunque, numericamente, sono nettamente inferiori al dato registrato in Francia o nel Regno Unito dove, però, le polizze sono molto meno costose rispetto all’Italia. Inoltre, non ci stancheremo mai di esplicitare che le statistiche dell’Isvap sulle cosiddette frodi non si riferiscono a reati accertati, ma semplicemente a casi sospetti indicati dalle stesse compagnie: in altri termini, sono stime e non dati certi.
Il punto nodale, invece, è un altro: tanto sul piano del contrasto alle frodi, quanto su quello del contenimento dei costi per il risarcimento dei sinistri, le compagnie peccano di inefficienza. Infatti, non hanno interesse a far funzionare bene il meccanismo dell’ “indennizzo diretto”, non ritengono necessario presidiare il territorio, soprattutto le aree da esse stesse definite più a rischio, con adeguate strutture preposte alla liquidazione dei danni e non amano perder tempo a denunciare le truffe. Comportamenti questi che sarebbero autolesionisti se messi in atto in altri rami assicurativi, ma non in quello della RCA perché, in questo caso, la copertura è obbligatoria e, pertanto, è più facile ripianare i bilanci aumentando i premi delle polizze indiscriminatamente a tutti gli assicurati, abbandonando i territori dove guadagnano meno, piuttosto che impegnarsi a ridurre gli sprechi. Questa politica vessatoria si realizza non soltanto con una inarrestabile escalation dei costi dell’assicurazione, ma anche mediante un altro subdolo stratagemma: la fuga dal territorio attuata con la progressiva chiusura delle agenzie. Due facce della stessa medaglia che si traduce, in termini di legge, in elusione dell’obbligo a contrarre. Elusione che trova conferma nelle attività sanzionatorie dell’Isvap; un rischio questo che, a quanto pare, vale la pena correre a fronte dei lauti vantaggi tratti dalle imprese assicuratrici.

Non sappiamo se l’intervento dell’Antitrust riuscirà a scardinare il muro di gomma che avvolge e protegge l’operato delle compagnie, ma siamo sicuri che qualcosa da questa azione dovrà pur scaturire, perché ormai ci troviamo di fronte ad una pericolosa deriva da affrontare con la massima urgenza. Ed in questo particolare momento storico sarebbe buona prassi gettare acqua sul fuoco, piuttosto che contribuire ad alimentare ulteriori tensioni sociali.