Di seguito una breve nota, dell'Ing. Alessandro Lima,che illustra i numeri identificativi dei veicoli a motore, gli accertamenti da eseguire e le tecniche per il ripristino di eventuali alterazioni alle originarie sequenze alfanumeriche.
Introduzione e riferimenti normativi
I dati di identificazione dei veicoli a motore sono obbligatori per legge perché i veicoli, in quanto beni mobili registrati presso i registri nazionali dei vari paesi, devono poter essere identificati inequivocabilmente. Questi sono il numero di telaio e quello di motore, di essi il primo è quello fondamentale in quanto identifica univocamente l’oggetto e quindi non possono esistere due veicoli aventi lo stesso identificativo. La loro proprietà deve essere riconducibile a una persona, una società e pertanto la responsabilità derivante dalla circolazione e dall’uso di questi riconducibile a essi.
I dati identificativi sono quelli previsti e stabiliti dalle direttive comunitarie al riguardo o, in alternativa, dalle raccomandazioni emanate dall’ufficio europeo per le Nazioni Unite, commissione economica per l’Europa.
In Italia, le norme a oggi in vigore sono le seguenti:
- Art. 74, 109, 114 del C.d.S.[1];
- Art. 232 Regolamento C.d.S.;
- Direttiva 76/114/CEE recepita con D.M. 26.02.76;
- Direttiva 78/507/CEE recepita con D.M. 30.09.78;
- Direttiva 93/34/CEE recepita con D.M. 03.11.94 (veicoli a 2 o 3 ruote)
L’articolo 74 del C.d.S., “identificazione dei veicoli”, ai commi 1° e 2° testualmente recita:
- “I ciclomotori, i motoveicoli, gli autoveicoli, i filoveicoli e i rimorchi devono avere per costruzione:
a) una targhetta di identificazione, solidamente fissata al veicolo stesso;
b) un numero di identificazione impresso sul telaio, anche se realizzato con una struttura portante o equivalente, riprodotto in modo tale da non poter essere cancellato o alterato.
- La targhetta e il numero di identificazione devono essere collocati in punti visibili, su una parte del veicolo che normalmente non sia suscettibile di sostituzione durante l’utilizzazione del veicolo stesso.”
Gli articoli 109 e 144 del C.d.S. si riferiscono: il primo ai controlli di conformità delle macchine agricole, il secondo alla circolazione su strada delle macchine agricole, regolamentazione certamente non attinente alla presente.
L’articolo 232 del Regolamento di Attuazione del C.d.S. testualmente recita:
“Le caratteristiche, le modalità di applicazione e le indicazioni delle targhette, nonché le caratteristiche dei numeri di identificazione apposti dal costruttore del veicolo o dal suo mandatario sono quelle stabilite dalle direttive comunitarie al riguardo o, in alternativa, dalle raccomandazioni emanate dall’ufficio europeo per le Nazioni Unite, Commissione economica per l’Europa.”
Delle direttive CEE sopra elencate, quella attinente e importante in relazione alle problematiche affrontate nella presente, risulta essere la 78/507/CEE recepita con D.M. 30.09.78 (direttiva di adeguamento della 76/114/CEE), la quale ha sancito quanto testualmente di seguito riportato sui dati identificativi dei veicoli a motore e loro rimorchi:
Numero di identificazione del veicolo
Il numero d’identificazione di un veicolo è costituito da una combinazione strutturata di caratteri, attribuita dal costruttore a ogni singolo veicolo.
La sua funzione è quella di rendere identificabile in modo inequivocabile tramite il costruttore — senza bisogno di altre indicazioni — ogni veicolo per un periodo di 30 anni.
Il numero di identificazione del veicolo deve rispondere alle seguenti prescrizioni:
- Esso deve essere segnato sulla targhetta del costruttore, nonché sul telaio o sull’intelaiatura o su altra struttura analoga.
- Esso deve essere composto da tre parti:
- La prima parte[2] consiste in un codice assegnato al costruttore del veicolo per consentire l’identificazione del suddetto costruttore. Tale codice è costituito da tre caratteri (lettere o cifre) assegnati dalle autorità competenti del paese in cui il costruttore ha la sede sociale, d’accordo con l’agenzia internazionale che opera su autorizzazione dell’organismo internazionale di normalizzazione (ISO). Il primo carattere designa una zona geografica, il secondo un paese all’interno di una zona geografica, il terzo un dato costruttore. Se il costruttore produce meno di 500 veicoli all’anno, il terzo carattere sarà sempre un 9. Per l’identificazione di detto costruttore, l’autorità succitata assegna anche il terzo, il quarto ed il quinto carattere della terza parte;
- La seconda parte[3] è costituita da sei caratteri (lettere o cifre), che hanno lo scopo di indicare le caratteristiche generali dei veicoli. Se il costruttore non fa uso di uno o più di questi caratteri, gli spazi non usati devono essere riempiti con caratteri alfabetici o numerici, a scelta del costruttore stesso;
- La terza parte[4], costituita da otto caratteri, di cui gli ultimi quattro devono essere numerici, deve consentire, in combinazione con le altre due parti, di identificare in modo inequivocabile un dato veicolo. In tutti gli spazi non utilizzati va inserita la cifra zero in modo da ottenere il numero completo dei caratteri prescritti.
Esso deve essere disposto possibilmente su un’unica riga.
In casi eccezionali, per motivi tecnici, esso può anche essere disposto su due righe. In tali casi non è però consentito suddividere una qualsiasi delle parti sulle due righe. L’inizio e la fine di ciascuna riga devono essere delimitati da un simbolo; quest’ultimo non deve identificarsi con cifre arabe né con lettere latine maiuscole, né poter essere confuso con una di esse. Si può derogare a questa disposizione, nel caso delle targhette del costruttore, quando il numero è segnato su una sola riga.
Targhetta del costruttore
In zona visibile e facilmente accessibile su un pezzo che normalmente non viene sostituito durante l’impiego, deve essere apposta, in modo da risultare solidamente fissata, una targhetta del costruttore contenente le seguenti indicazioni chiaramente leggibili ed indelebili, elencate nel seguente ordine:
- Nome del costruttore;
- Numero d’omologazione CE;
- Numero d’identificazione del veicolo;
- Massa massima a carico autorizzata del veicolo;
- Massa massima a carico autorizzata per il complesso, nell’ipotesi di veicolo utilizzato come veicolo trattore;
- Massa massima autorizzata per ognuno degli assi; i dati vengono elencati a partire dalla parte anteriore verso la parte posteriore. Se si tratta di semirimorchio, la massa massima autorizzata sulla selletta di attacco;
Il costruttore può apporre indicazioni supplementari sotto o accanto a quelle prescritte, esteriormente al rettangolo chiaramente delimitato nel quale devono essere contenute unicamente le iscrizioni prescritte dai punti ….
Quanto sancito dalla direttiva CEE e recepito dallo Stato Italiano, è valido solo ed esclusivamente per i veicoli omologati a partire dal 1983.
Per quelli omologati prima di questa data, non essendovi una standardizzazione europea, ci si deve riferire ai certificati o schede di omologazione dei veicoli presentati dalle case costruttrici agli enti omologativi nazionali.
Poiché i veicoli, ovunque siano stati prodotti sono destinati a circolare in tutto il mondo, al fine di evitare il crearsi di possibili confusioni, sono stati adottati dei criteri internazionali accettati da tutti i costruttori.
A elaborare questi criteri provvede la ISO (International Standard Organization), gli standard ISO più importanti relativi ai veicoli sono:
- ISO 3779: adottato dalla conferenza di Ginevra del 1975 e contiene la definizione generale del veicolo;
- ISO 3780: definisce il W.M.I. (World Manufacturer Identification) ossia il paese ed il costruttore che ha prodotto il veicolo;
- ISO 3833: definisce tutti i veicoli a motore escluso i ciclomotori;
- ISO 4030: definisce il numero di identificazione del veicolo, la sua ubicazione e composizione; tecnicamente viene indicato come V.I.N.[5]
Sotto si riporta una tabella esemplificativa sulle numerazioni suddivise per normative siano esse europee e americane, considerando che queste ultime sono ben diverse dalle prime in quanto il numero identificativo deve far riferimento anche ad altri ulteriori parametri quali: stabilimento produttivo, anno lancio modello (model year) e tipo di carrozzeria.
Verifica su eventuale contraffazione dei dati identificativi di un veicolo
Nel caso si debba verificare l’eventuale contraffazione di dati identificativi di un veicolo, è opportuno che vengano eseguite le operazioni sotto riportate:
- acquisizione certificazione cronologica veicolo presso P.R.A. onde ottenere tutti i dati identificativi del veicolo, numero di omologazione, data prima immatricolazione e passaggi di proprietà dello stesso oltre a eventuali gravami e ipoteche;
- acquisizione scheda o certificato omologazione veicolo, documento fornibile dalle case costruttrici e/o comunque dagli Uffici della M.C.T.C., dalla quale è possibile rilevare composizione standard del numero di telaio, ubicazione dello stesso, dati riportati sulla targhetta identificativa nonché ubicazione della stessa e ulteriori informazioni tecniche indispensabili alla verifica che si sta eseguendo;
- se dalla documentazione di cui alla lettera a) si dovesse rilevare che la data di omologazione è antecedente al 1983, a mezzo numero di omologazione vanno assolutamente reperite le schede o certificati di omologazione, in quanto non essendo vigente all’atto dell’omologazione una standardizzazione internazionale, solo dal certificato si possono rilevare informazioni indispensabili per compiere un accertamento completo ed esaustivo sulla bontà dei contrassegni identificativi del veicolo;
- rispondenza del numero di targa con quello rilevabile dalla documentazione amministrativa;
- analisi visiva del numero di telaio e verifica rispondenza con quello rilevabile dalla documentazione amministrativa;
- verifica tattile del numero di telaio;
- verifica visiva della zona circostante quella della punzonatura del numero di telaio;
- controllo, ove possibile, uniformità spessori del supporto su cui insistono i contrassegni;
- verifica, ove possibile, planarità del piano ove sono impressi i contrassegni;
- rigenerazione con metodo chimico e/o elettrolitico per verifica presenza ulteriori contrassegni non visibili a occhio nudo;
- confronto tra numerazione rilevata e quella riportata su documentazione amministrativa e/o scheda di omologazione veicolo;
- individuazione targhetta identificativa, il cui posizionamento è indicato sul certificato di omologazione;
- confronto targhetta identificativa veicolo con lo schema indicato sul certificato di omologazione;
- individuazione numero di motore;
- confronto compatibilità tra il numero di tipo motore installato e quello rilevabile dalla documentazione amministrativa nonché impresso sulla targhetta identificativa[6];
- in caso di sospetto sulla veridicità dei contrassegni motore, normalmente ubicati su uno dei piani laterali del monoblocco, procedere a approfondito controllo visivo, tattile ed eventuale rigenerazione;
- reperimento eventuali altre informazioni presso la Casa Costruttrice del veicolo o l’importatore/distributore nazionale, quali accoppiamento motore/telaio.
Seguendo i passi sopra indicati e dotandosi preventivamente, se possibile, di tutta la documentazione tecnica e amministrativa sul veicolo oggetto di controllo è possibile condurre un accertamento accurato.
Metodologia per la rigenerazione di contrassegni identificativi obliterati e/o contraffatti
In generale i numeri di matricola (telaio e motore) vengono impressi su una parte integrante e non facilmente sostituibile, con un procedimento di deformazione plastica dovuta alla compressione di una matrice (punzone) in acciaio a elevata durezza riportante in rilievo il carattere che si vuole imprimere. Pertanto si ottiene l’impressione negativa, in depressione sul supporto di quanto presente sul punzone.
Trattandosi di una deformazione plastica a freddo questa genera una dislocazione plastica degli strati del metallo periferici all’impressione e anche una modifica della struttura cristallina del metallo.
La profondità dei caratteri impressi è funzione della forza di compressione cui viene sottoposta la matrice e della resistenza del supporto in acciaio, materiali con cui normalmente sono prodotti veicoli in particolar modo gli elementi strutturali degli stessi.
Vista schematica della sezione di metallo soggetta a deformazione plastica per stampaggio
Nel corso degli anni questa operazione è passata dall’essere manuale[7] ad automatizzata[8], ma comunque i numeri impressi in fabbrica si presentano sempre regolari, netti, equiprofondi ed equidistanti in quanto viene utilizzata un’apposita matrice che tiene insieme e allineati i caratteri che si vogliono imprimere.
Si precisa, però, che può accadere che i caratteri all’interno della matrice non vengano posti perfettamente a contatto in senso trasversale e che la matrice non sia posta parallelamente all’asse longitudinale del particolare su quale si sta imprimendo. Inoltre, in passato poiché la forza di compressione era impressa per mezzo di un martello metallico utilizzato manualmente, anche la profondità dei caratteri poteva presentare delle difformità queste ultime potevano derivare anche da uno stato di usura differente della porzione apicale del punzone.
Ciò accadeva non di rado prima dell’introduzione delle moderne punzonatrici a punti computerizzate, che eseguono un’impressione praticamente perfetta dal punto di vista geometrico e meccanico.
Tutto quanto espresso è logicamente valido per i veicoli e parti di essi contrassegnati di lecita provenienza.
Esistono casi in cui, invece, si vuole modificare, in maniera illegale e non consentita, i numeri identificativi di un veicolo e/o di un motore.
Pertanto la prima preoccupazione è quella di sostituire gli elementi identificativi di un veicolo di losca provenienza con quelli di un altro “pulito”.
Detta operazione di contraffazione, in gergo, è detta “pezzottatura”, nome che deriva da quello dei punzoni per imprimere numeri o caratteri detti anche “pezzotti”.
Per fare ciò esistono vari metodi, che sono funzione della tipologia di veicolo e del tipo di contrassegno in termini di ubicazione, andamento e supporto su cui questo è impresso.
Per i veicoli medi e pesanti il metodo più tradizionale consiste nell’asportare per limatura e successiva passata con carta abrasiva fino a confondere o fare sparire i contrassegni, per poi imprimere quelli voluti a mezzo di punzonatura manuale. Metodo utilizzato soprattutto su numeri di telaio impressi su longheroni, che sono dei profilati a C in acciaio di elevato spessore[9]. In questo caso la superficie su cui sono riportati i contrassegni, normalmente si presenta piana e i caratteri impressi con andamento lineare.
In figura si riportano le zone ove normalmente sono impressi i contrassegni su veicoli medi e pesanti.
Si precisa che l’ubicazione del numero di telaio, per lo specifico modello di veicolo è rilevabile dalla scheda di omologazione, della quale si illustrerà in seguito.
Le autovetture, invece, normalmente portano impresso il numero di telaio, a seconda delle scelte del produttore, in una delle zone indicate nella seguente figura:
Si tratta di contrassegni impressi su lamiere di spessore inferiore ai 2 mm o riportati con andamento non lineare, in questi casi è prassi lavorare sui contrassegni andando a riempire con metallo da apporto, i vuoti, normalmente mediante saldatura del tipo GMAW[10] detto anche a filo continuo.
Terminata l’operazione di riempimento, si procede a scartavetratura della superficie fino a renderla liscia, per poi procedere all’apposizione di uno o più numeri al fine di alterare la sequenza originale.
Le operazioni di manipolazione dei contrassegni impressi, genera l’asportazione dei tratti e dei segni macroscopici che sono visibili sotto la semplice osservazione ottica. Non si riesce però a modificare la struttura intima del metallo nella zona, in quanto questa è diversa da quella delle parti a essa adiacenti in termini di linee di tensione, orientamento e densità.
Questo perché per poter eliminare anche questi segni, sarebbe necessario abradere per una profondità pari almeno a 3 volte quella deformata dal punzone, operazione quasi impossibile sul 99% dei veicoli stradali considerando gli spessori medi dei lamierati ove vengono impressi i numeri identificativi.
Pertanto con appositi metodi di rigenerazione è possibile verificare l’alterazione dei contrassegni andando a esaminare la struttura del supporto su cui essi sono impressi.
I metodi di rigenerazione hanno lo scopo di evidenziare queste diversità fisico-strutturali e rendere, per quanto possibile, nuovamente visibili quanto abraso o alterato, sono:
- metodo fotografico all’infrarosso combinato con l’ultravioletto;
- metodo della cavitazione ultrasonica;
- metodo delle particelle magnetiche;
- metodo dei raggi X;
- metodo della misurazione del profilo del materiale;
- metodo chimico con appositi mordenti;
- metodo elettrochimico.
Di quelli sopra enunciati, i più utilizzati sui veicoli a motore o su parti di esso sono quello chimico e quello elettrochimico.
Indipendentemente dal metodo che si voglia utilizzare, è necessaria un’adeguata preparazione della superficie su cui si deve intervenire; questa consiste in un’accurata pulizia del supporto con solventi chimici[11] che hanno il compito di sgrassare la parte seguita da una scartavetratura con carte a grana finissima[12].
Il metodo chimico si basa sulla diversità di aspetto oppure di velocità di mordenzamento della zona ove erano i numeri di matricola dovuta all’azione chimico-fisica di apposito mordente[13]. Il mordente viene applicato sulla zona per mezzo di cotone idrofilo, approssimativamente dopo un paio di minuti il numero dovrebbe essere visibile utilizzando un fascio di luce con direzione obliqua rispetto al piano. In caso di acciai a elevate caratteristiche meccaniche o sottoposti a trattamenti termici speciali, non si ha immediatamente la rigenerazione, pertanto si procede a ripetere il processo a intervalli consecutivi di 2, 5 e 10 minuti per circa 3 ore.
Quando il mordente giunge a contatto con le zone ove erano impressi i numeri, si evidenziano i segni dei margini di quanto asportato e va fotografato o comunque osservato con appositi strumenti ottici in quanto il fenomeno si confonde rapidamente con il progredire della reazione chimica.
Il metodo elettrochimico si basa sul principio chimico dell’elettrolisi dove l’anodo è un tampone imbevuto di apposita soluzione[14] e il catodo è lo stesso supporto.
Il procedimento è semplice: utilizzando una batteria di idoneo voltaggio in funzione del materiale del supporto[15], si connettono due conduttori elettrici ai poli, all’estremità di quello negativo si posiziona il tampone imbevuto, mentre l’altro si porta a contatto con il supporto.
A contatto avvenuto si strofina il tampone sulla zona da trattare e lentamente inizieranno ad apparire i tratti dei vecchi numeri di matricola che vanno fotografati o comunque immortalati molto rapidamente in quanto si ha la dissolvenza degli stessi in un brevissimo lasso di tempo.
Come in parte evidenziato, questi metodi, come ogni esperimento, presentano delle condizioni per le quali si può avere la rigenerazione parziale o addirittura la non rigenerazione della matricola. Questo avviene quando il materiale del supporto si presenta particolarmente compatto in termini di reticolo cristallino o quando l’abrasione presenta una profondità pari a circa 3 volte quella dei numeri di matricola inizialmente impressi.
In detto caso, però la contraffazione risulta visibile analizzando lo spessore del supporto, che nelle zone alterate presenterà caratteristiche dimensionali diverse in termini di spessore e planarità.
Va precisato che trattandosi di un’alterazione chimico-fisica dello stato dello supporto, non è improbabile che gli agenti rigeneranti, soprattutto i mordenti utilizzati con il metodo chimico (acidi), possano asportare anche parti o porzioni dei contrassegni che si stanno analizzando. La probabilità di cui sopra aumenta esponenzialmente, se per la rigenerazione si utilizzano sul medesimo supporto sia il metodo chimico che quello elettrolitico.
[1] Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff., 18 maggio 1992, n. 114). – Nuovo codice della strada. Aggiornato con legge 29 luglio 2010, n.120 entrata in vigore il 13 agosto 2010;
[2] denominata anche W.M.I. (World Manufacturing Identification);
[3] denominata anche V.D.S. (Vehicle Descriptor Section);
[4] denominata anche V.I.S. (Vehicle Identifier Section);
[5] Vehicle Identification Number;
[6] si parla di numero identificativo del tipo di motore, in quanto è obbligatorio per legge anche in caso di sostituzione completa del motopropulsore, che questo sia del tipo omologato per lo specifico veicolo e riportato sulla targhetta identificativa nonché sulla documentazione amministrativa dello stesso;
[7] forza di compressione impressa al punzone per mezzo di martellatura a mano;
[8] forza di compressione impressa al punzone per mezzo di torchi meccanici e/o idraulici o con magli;
[9] componenti di telai a longheroni utilizzati normalmente su veicoli medi e pesanti di spessore prossimo ai 10 mm;
[10] Gas Metal Arc Welding – Saldatura ad arco con metallo sotto protezione di gas;
[11] normalmente si utilizzano idrocarburi raffinati tipo benzine avio o trielina;
[12] si usano carte con granatura nell’ordine delle migliaia oppure si utilizza apposito utensile elettrico con testa rotante in tessuto imbevuta di pasta abrasiva anch’essa a grana molto fine (polish per vernici);
[13] per le superfici in acciaio, oggi, come mordente si utilizza una soluzione di acido cloridrico concentrato, alcool, acqua distillata e cloruro di rame;
[14] soluzione di acqua distillata, cloruro di ammonio e acido cloridrico concentrato;
[15] per l’acciaio si usa un voltaggio compreso tra i 6V e i 9V;