Sulle strade il nuovo anno ha contemporaneamente presentato le sue credenziali, nei primi due giorni 10 morti in soli due maxi incidenti: 6 vittime sulla A21 il 2 gennaio. Il giorno prima altri 4 morti, di cui 3 giovanissimi in un micidiale scontro alla prima alba del 2018 su una statale a Bari.

Ecco se c’era bisogno di una conferma che la sicurezza stradale è ancora in piena crisi, è arrivata ed è stata certificata.

Ma il sentore di una situazione preoccupante era già arrivato nelle scorse settimane quando l’Istat aveva fornito i primi dati sulla sinistrosità in Italia nei primi 6 mesi del 2017.

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Nel primo semestre dell’anno appena trascorso si conferma una riduzione degli incidenti stradali rilevati e del numero di feriti, con flessioni del 4% e 5% rispetto alla media consolidata del 2016. Sono stati infatti 82.525 i sinistri rilevati con 116.137 feriti. Ma la pessima notizia, che crea imbarazzo fra gli addetti ai lavori, è l'aumento delle vittime, che tornano a crescere tra il 6,7% e l'8,2%. Il numero dei decessi segna un picco impressionante, sono ben 1.623 le vite spezzate sulle strade, quando l'obbiettivo imposto dall'Unione Europea indicava un numero nettamente inferiore (1219).

Ma perché sta accadendo questo? Come mai nonostante la legge sull’omicidio stradale entrata in vigore il 24 marzo del 2016?

In molti cercano una chiave di lettura. L’ASAPS ne ha una sua che si sviluppa su alcuni versanti. Il primo: la sicurezza stradale dopo l’approvazione della legge sull’Omicidio stradale è sensibilmente scesa nell’agenda politica del Paese. Ne è prova la mancata approvazione definitiva della riforma del CdS. Dopo la sua approvazione l’8 ottobre 2013 alla Camera, sembrava cosa fatta, invece poi la riforma si insabbiata, si è impaludata al Senato dove fra continui rimbalzi fra le Commissioni Bilancio e Trasporti non è mai approdata in aula. Analogo discorso si può fare su alcune misure urgenti che si rendevano necessarie per la sicurezza stradale, in particolare un provvedimento stralcio che avesse modificato l’art.173 del CdS prevedendo il ritiro della patente alla prima violazione per l’uso del cellulare alla guida e non alla seconda nel biennio, perché è noto che questa misura per il perdurante “scollegamento” fra i vari uffici di polizia è pressoché inapplicata. Alzi la mano chi conosce qualcuno che ha subito un ritiro di patente per la doppia violazione, si era annunciato un provvedimento per l’estate scorsa con l’aggiunta di misure per la sicurezza dei ciclisti.

La modifica dell’art.173 CdS era stata poi proposta nella commissione Trasporti insieme a qualche altra misura per la sicurezza stradale da inserire nella legge di stabilità in discussione a fine 2017. Ma gli emendamenti sono stati respinti perché non attinenti alla materia del bilancio.

Il secondo versante veramente preoccupante è costituito dalla ormai sistematica aggressione di tutti gli strumenti di controllo della velocità, dagli autovelox ai telelaser, con seriali annullamenti di verbali anche per velocità di 139 km/h su una statale, con l’appiglio alla distanza e visibilità dei cartelli di preavviso di controllo della velocità. Ma parliamo dei limiti massimi!! Non di quelli intermedi. Eppure i Giudici di pace spesso annullano. Provate ad andare a 139 km/h su una statale slovena, austriaca o svizzera e provate a richiedere cartelli di preavviso e macchine ben visibili della polizia e state freschi. È vero in qualche caso, soprattutto in passato, l’uso dell’autovelox è stato impostato su logiche di cassa, ma così si butta il bambino con l’acqua sporca. E il Tutor?? Messo in discussione anche questo con sentenze creative e fantasiose di alcuni Giudici di pace che applicano d’ufficio la tolleranza del 15% sulla velocità registrata anziché il 5%, portando di fatto il limite a 150 km/h. E gli etilometri? Messi in discussione anche quelli per le misurazioni col troppo freddo, con la troppa umidità, o per le condizioni del conducente: se diabetico, se affetto da qualche dichiarato enfisema polmonare, se emotivo, se ha usato collutorio, se ha la moglie che gestisce una lavanderia che esala gas che possono aver alterato i valori risultanti dal soffio. Non parliamo poi della ormai organica carenza di strumenti per i ritardi sistematici nelle revisioni annuali per cui diversi comandi della Polizia Locale che magari hanno in dotazione solo uno o due etilometri, per molti mesi sono disarmati.

E le pattuglie sul territorio? Sì quelle donne e uomini in divisa capaci di controllare l’uso dei cellulari alla guida, il mancato uso delle cinture, lo stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, o il taroccamento dei cronotachigrafi dei camion sempre più spesso alterati e in grado di fornire risultati ingannevoli sui tempi di guida e sulle ore di sosta o sui riposi o ancora sulle velocità tenute dai mezzi pesanti, dove sono? Se ne vedono sempre meno sulle strade. Organici al lumicino età medie intorno ai 50 anni.

E le strade? Alcune sono deteriorate all’inverosimile, con fondi dissestati, segnaletica orizzontale consumata o inesistente, passaggi pedonali poco segnalati e mancanti di sistemi di illuminazione o di preallarme.

Con questo quadro d’insieme come possiamo sperare che la situazione possa migliorare?

E la politica prossima alla tornata elettorale cosa dice su questo dramma che causa una decina di morti e quasi 700 feriti al giorno? Per ora solo un imbarazzante silenzio, molti partiti gettano sul tappeto del confronto elettorale le fiches di molti argomenti ritenuti importanti e acchiappa voti, la sicurezza sulle strade a quanto pare non merita attenzione. Complimenti!

Articolo di Giordano Biserni Presidente Asaps

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