I migliori scappano dagli incarichi pubblici e preferiscono lavorare per i privati e molti di loro sostengono che è impensabile vivere di incarichi per il tribunale.

Eppure, questi professionisti sono decisivi. Sempre di più. Perché hanno competenze che nelle forze dell’ordine esistono solo in pochi reparti specializzati. E dunque il loro lavoro (la consulenza per i pubblici ministeri, o per i giudici), è sempre più determinante nel procedimento penale e deve essere sempre più qualificato.

Perché tutti stanno scappando dalle procure?

Perché non si può lavorare con tariffe di 4,075 euro lordi all’ora), Se si considera poi che, con incomprensibili autonome decisioni, ogni procura stabilisce insindacabilmente, al proprio interno, un numero massimo di ore da riconoscere per ciascun incarico, prescindendo dalla quantità di lavoro richiesto. Moltiplicando il numero esiguo di ore riconosciute per il ridicolo importo di 4 euro/ora viene fuori una parcella assolutamente inadeguata a ripagare il professionista incaricato.

Molto spesso una condanna o una assoluzione è determinata dalla capacità del professionista di ricostruire il fatto ma anche dalla sua bravura nel farsi capire quando scrive, o quando espone le proprie tesi traducendo un complesso linguaggio scientifico in parole comprensibili anche a chi quella scienza non possiede.

La denuncia dei periti

Nessuno di noi può più permettersi economicamente di lavorare per le procure, a 4.07 euro per ora, anche perché i pagamenti arrivano dopo anni e sistematicamente rideterminati». Il ragionamento è semplice: i privati che lavorano per la giustizia sono studi professionali, di dimensioni piccole o medie, con competenze specifiche ed essenziali, ma se il loro principale «cliente» non li retribuisce con un minimo di correttezza e rispetto dei tempi, rischiano di fallire.

I compensi bassi riguardano tutte le consulenze rese nel pubblico, in particolare nei tribunali e in particolare nel penale. Si vorrebbe che il privato esperto, siccome lavora per la giustizia, accettasse di essere pagato poco o nulla. Ma gli studi professionali devono investire in tecnologie, licenze, pc avanzati, formazione, per se stesi e per i propri collabolratori. Infine, i tempi scandalosi: ci mettono anche anni a pagare il servizio. Questo sistema produce storture e cioè i periti più bravi (quelli con competenze, capacità e strumenti all’altezza dei reparti più avanzati delle forze dell’ordine) vanno a lavorare come privati per le vittime, che almeno in questo caso sono comunque difese, o per gli imputati rischiando di avvantaggiarli non perché siano innocenti, ma solo per una palese disparità di conoscenze informatiche tra accusa e difesa.

È assolutamente necessario un intervento ministeriale di revisone delle tariffe: i CTU e i Periti lavorano per la giustizia e non lo dimenticano, ma deve essere riconosciuto, insieme alla responsabilità che si assumono, il decoro della professione ed una paga adeguata.

Molti professionisti asseriscono che sarebbe impensabile vivere di incarichi per il tribunale; anche per valutazioni complesse le parcelle oltre ad essere troppo basse, considerata la professionalità, vengono liquidate anche con tempi che dire dilatati è poco.