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Responsabilità della P.A.

RESPONSABILITA’ DELL’ENTE COMUNE – PER DIFETTO DI MANUTENZIONE DELLA STRADA PUBBLICA – APPLICABILITA’ ART. 2043 C.C. – INSIDIA E TRABOCCHETTO – CUMULO DI SPAZZATURA SU TUTTA LA STRADA – ESCLUSIONE – CARICO PROBATORIO – COMPORTAMENTO DEL DANNEGGIATO

[Tribunale di Nola, Dott. Alfonso Scermino, sentenza del 18.09.07]

Nella Sentenza

>>… ritiene il Tribunale che, con riguardo ad ogni pubblica strada liberamente transitabile, manchi in capo alla PA quella materiale potestà di fatto sul bene capace di giustificare l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. in ipotesi di danno ad un passante …

>>… la sentenza del Giudice di Pace di Nola (…), invocata da parte dell’attore per la sua presunta efficacia di res iudicata nel presente giudizio, non poteva, di contro, vincolare ex art. 2909 c.c. in nessun modo questo Tribunale in quanto essa, pur riferendosi allo stesso fatto storico generatore del danno, è stata pronunciata a favore di un soggetto diverso (attrice Mevia) da quello che qui agisce (attore Tizio). Per cui, l’accertamento di responsabilità contenuto nella pronuncia non estende i suoi effetti a favore di un terzo che intenderebbe in questa sede avvalersene a fondamento di una sua autonoma pretesa, essendo quest’ultima distinta rispetto al rapporto giuridico definito da parte del G.d.P..

[Tribunale di Nola, Dott. Alfonso Scermino, sentenza del 18.09.07]

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI NOLA

II SEZIONE CIVILE

in composizione monocratica nella persona del signor dott. Alfonso Scermino, all’udienza del 18.9.2007, fatte precisare le conclusioni, ha ordinato la discussione orale della causa nella stessa udienza, a norma dell’art. 281 sexies c.p.c., ed ha pronunciato al termine della discussione la seguente

SENTENZA

nella causa n. 7825/2004 R.G., vertente tra Tizio, rappresentato e difeso dalla P. avv. …, giusta mandato a margine dell’atto di citazione, con il quale domicilia in San Gennaro Vesuviano… -attore-

CONTRO

Comune di XXXX , in persona del legale rapp.te il Sindaco dr. …, rappresentato e difesa dall’avv. …, giusta procura a margine della comparsa di costituzione, con il quale elettivamente domicilia in Nola …, -convenuto-

dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione nei termini che seguono.

Con atto di citazione notificato in data 9.12.2004 Tizio, premettendo che in data 18.11.2004, alle ore 18.20, in XXXX alla via …, mentre percorreva in auto la strada, “rovinava violentemente contro un cumulo di spazzatura che occupava l’intera carreggiata” e che a causa del sinistro riportava delle lesioni, conveniva in giudizio il Comune di XXXX per il risarcimento del danno occorsogli.

Il Comune si costituiva, instando per il rigetto della domanda.

Senza che fosse espletata attività istruttoria, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 18.9.2007. A tale ultima udienza il Giudice rimetteva le parti per la discussione orale della controversia ex art. 281 sexies c.p.c. , esaurita la quale, veniva perciò data lettura del dispositivo e delle motivazioni della decisione.

La domanda non può trovare accoglimento.

Anzitutto, la sentenza del Giudice di Pace di Nola (n. 696/06), invocata da parte dell’attore per la sua presunta efficacia di res iudicata nel presente giudizio, non poteva, di contro, vincolare ex art. 2909 c.c. in nessun modo questo Tribunale in quanto essa, pur riferendosi allo stesso fatto storico generatore del danno, è stata pronunciata a favore di un soggetto diverso (attrice Mevia) da quello che qui agisce (attore Tizio).

Per cui, l’accertamento di responsabilità contenuto nella pronuncia non estende i suoi effetti a favore di un terzo che intenderebbe in questa sede avvalersene a fondamento di una sua autonoma pretesa, essendo quest’ultima distinta rispetto al rapporto giuridico definito da parte del G.d.P..

Invero, a favore del Tizio la sentenza in questione avrebbe potuto avere esclusivamente una efficacia di prova o di elemento di prova documentale in ordine alla situazione giuridica dallo stesso dedotta, spettando però sempre al giudice di merito di esaminarla e sottoporla alla sua libera valutazione, anche in relazione ad altri elementi di giudizio rinvenibili negli atti di causa (Cass. Civ. 10 settembre 2003, n. 12283; Cass. Civ. 18 maggio 2001, n. 6851; Cass. Civ. 13 gennaio 1996, n. 250; Cassazione civile , sez. lav., 18 maggio 1999, n. 4821; Cass. Civ. 26 novembre 1984, n. 6137).

In ogni caso, il Tribunale non condivide affatto la decisione del Giudice di Pace.

A) Ciò posto, va rilevato come il Tizio , lamentando che il sinistro occorsogli sarebbe stato determinato da immondizia colpevolmente abbandonata sulla carreggiata da parte del Comune, ha sostanzialmente dedotto una responsabilità dell’ente locale per omessa corretta manutenzione e conservazione del demanio stradale.

Il tema della controversia, allora, postula, preliminarmente, la necessità di inquadrare correttamente la fattispecie di responsabilità extracontrattuale addotta, al fine di distribuire correttamente gli oneri probatori tra le parti e dedurne, correttamente, le relative conseguenze.

A 1)

E’ noto che, secondo un orientamento giurisprudenziale per lungo tempo incontrastato, in ordine ai danni subiti dall'utente in conseguenza della presunta omessa o insufficiente manutenzione di una strada pubblica il referente normativo della responsabilità della p.a. sarebbe costituito – non dall'art. 2051 cod. civ., che sancisce una presunzione inapplicabile nei confronti della P.A., con riferimento ai beni demaniali, laddove essi siano oggetto di un uso generale e diretto da parte dei terzi – ma dall'art. 2043 cod. civ., che impone, nell'osservanza della norma primaria del "neminem laedere", di far sì che la strada aperta al pubblico transito non integri per l'utente una situazione di pericolo occulto.

Detta responsabilità, pertanto, sarebbe configurabile a condizione che venga provata da parte del danneggiato l'esistenza di una situazione insidiosa caratterizzata dal doppio e concorrente requisito della non visibilità oggettiva del pericolo e della non prevedibilità subiettiva dello stesso (cd. “insidia e trabocchetto”) (Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 15707 del 08/11/2002; Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 2067 del 13/02/2002; cfr., Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 16179 del 21/12/2001; ancora, Cass. N. 7062 del 1997; Cass. Civ. N. 7742 del 1997, Cass. Civ. N. 5989 del 1998; Cass. Civ. N. 3991 del 1999 ).

Tuttavia, negli ultimi anni si sono proposte delle varianti a tale cristallizzata impostazione.

A 2)

Secondo una prima differente ricostruzione – autorevolmente sostenuta, pure di recente, presso la Corte di Legittimità – anche in caso di sinistro su strada pubblica soggetta ad uso indifferenziato e generale dei consociati la P.A. risponderebbe ai sensi dell'art. 2051 cod. civ. dei danni conseguenti a cattiva manutenzione della stessa.

Infatti, l’applicabilità alla fattispecie della presunzione di colpa (o responsabilità oggettiva) posta dalla norma richiamata sarebbe giustificata – secondo argomentazioni diametralmente opposte a quelle precedenti – da un potere di signoria sul bene pubblico in ogni caso sussistente in capo alla PA, visto che la stessa vanterebbe poteri incidenti di gestione, disponibilità e controllo sul demanio tali da assimilarla ad un normale custode ex art. 2051 c.c. (da ultimo, per tutte, Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 3651 del 20/02/2006).

In particolare, dalla proprietà pubblica del Comune sulle strade poste all'interno dell'abitato (art. 16 lett. b) della legge 20 marzo 1865 n. 2248, allegato F) discenderebbe non solo l'obbligo dell'Ente alla manutenzione, come stabilito dall'art. 5 del R.D. 15 novembre 1923 n. 2056, ma anche quello della custodia, con conseguente operatività, nei confronti dell'Ente stesso, della presunzione di responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c..

Tanto che ritenere non applicabile alla PA anche per i beni demaniali la responsabilità da custodia, ma solo quella ex art. 2043 c.c., costituirebbe un ingiustificato privilegio per la PA e, di riflesso, in un ingiustificato deteriore trattamento per gli utenti.

Il danneggiato, allora, non sarebbe più onerato della dimostrazione della verificazione del danno in conseguenza dell'esistenza di una situazione qualificabile come insidia o trabocchetto, dovendo esclusivamente provare – come avviene di regola per le ipotesi di responsabilità per i danni cagionati da una cosa in custodia – l'evento dannoso e l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento suddetto. (cfr, Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 19653 del 01/10/2004; Cass. 22/4/1998, n. 4070; Cass. 20/11/1998, n. 11749; Cass. 21/5/1996, n. 4673;).

A 3)

Infine, secondo un ulteriore orientamento intermedio, l'art. 2051 c.c., potrebbe trovare applicazione nei confronti della pubblica amministrazione esclusivamente con riguardo a quei beni demaniali che non siano oggetto di un uso generale e diretto da parte dei terzi, ma vengano utilizzati dall'amministrazione medesima in situazione tale da rendere possibile un concreto controllo ed una vigilanza idonea ad impedire l'insorgenza di cause di pericolo (Cass. 30 ottobre 1984 n. 5567), ovvero, ancora, qualora trattisi di beni demaniali o patrimoniali che per la loro limitata estensione territoriale consentano una adeguata attività di vigilanza sulle stesse (Cass. 5/8/2005, n. 16675; Cass. n. 11446 del 2003; Cass. 1/12/2004, n. 22592; Cass. 15/01/2003, n. 488; Cass. 13/1/2003, n. 298; Cass. 23/07/2003, n. 11446).

A 4)

Ebbene, secondo questo Giudicante non può trovare seguito la tesi esposta sub. A 2): ciò in base alle seguenti argomentazioni.

La figura di responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c. trova la sua ratio applicativa nello stesso presupposto qualificante ed indefettibile della norma: la sussistenza, in capo al responsabile, di un effettivo e reale potere fisico sulla cosa capace di arrecare il danno.

Infatti, solo tale condizione di oggettiva e continua padronanza del bene, da apprezzarsi prima di tutto su di un piano fisico-materiale, può giustificare, secondo quanto emergente dallo spirito della previsione de qua, l’immediata imputazione del danno al custode (secondo taluni a titolo di responsabilità oggettiva, secondo altri di responsabilità per colpa presunta).

Ciò posto, appare di contro difficilmente contestabile che, nel caso di strade pubbliche soggette ad uso diretto di tutti i cittadini, la PA, nonostante ne sia formalmente titolare, non abbia la possibilità di esercitare un potere di controllo materiale sul bene del tipo di quello richiesto dall’art. 2051 c.c..

Invero, la sua posizione è difficilmente assimilabile a quella di un normale custode di una cosa (privata) affidata alla sua esclusiva disponibilità, in quanto la stabile destinazione al pubblico transito della via stride in modo insanabile con la permanenza di una continua e stringente signoria materiale su di essa da parte della PA.

Sembra affrettato, allora, dedurre – meccanicamente – dalla circostanza formale della titolarità del bene l’elemento sostanziale della sussistenza di una effettiva posizione custodiale in capo all’amministrazione, rilevante ex art. 2051 c.c.

Deve osservarsi, invece, che la PA , pur vantando indiscutibilmente un sicuro e ampio potere di disponibilità giuridica dei beni demaniali de quibus, attesa la sua condizione proprietaria, (secondo quanto ricordato dall’orientamento non condiviso), esercita, a causa della stessa natura e connotazione strutturale dei beni di cui trattasi, un controllo necessariamente diverso, meno pregnante, dal contenuto e dalle consistenza fattuale più sfumati rispetto a quello di ogni custode.

E non può non convenirsi che, in casi di tal fatta, per l’amministrazione è materialmente impossibile esercitare quel potere penetrante, continuo ed immediato sulla cosa come richiesto ex art. 2051 c.c., visto che verificare in ogni momento le peculiari condizioni di manutenzione di ogni tratta in cui si articolano tutte le strade di proprietà dell’ente è oggettivamente improponibile, sol che si considerino l’estensione dei beni di cui trattasi e la loro attitudine a subire continuamente ed in ogni momento (anche a distanza di ore) modificazioni e usure in più parti per effetto dell’uso da parte dei consociati tutti.

Perciò, ritiene il Tribunale che, con riguardo ad ogni pubblica strada liberamente transitabile, manchi in capo alla PA quella materiale potestà di fatto sul bene capace di giustificare l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. in ipotesi di danno ad un passante: tanto giustifica ampiamente la non riconducibilità della fattispecie dedotta in giudizio alla predetta norma, non ricorrendone dello stesso il primo e saliente presupposto applicativo. (cfr, Cass. Civile, Sezione III, sentenza 6 luglio 2006 n. 15384; Cassazione Civile, Sezione III, sentenza 6 luglio 2006 n. 15383; Cass. Civ. Sezione III, sentenza 29 aprile 2006 n. 10040).

A 5)

Si ritiene condivisibile, allora, il più risalente orientamento dell’”insidia e trabocchetto”, così come integrato e specificato dalla interpretazione intermedia riportata sub. A 3), la quale, peraltro, non stride affatto in termini insanabili con il primo, costituendone solo un logico completamento: il tutto, con la precisazione che tra i beni obiettivamente controllabili non possano essere annoverate certamente le strade cittadine aperte al pubblico transito

Peraltro, il Tribunale non condivide l’ulteriore tesi, pure autorevolmente sostenuta in sede di legittimità , secondo cui la circostanza che una strada del demanio stradale comunale si trovi all'interno della perimetrazione del centro abitato potrebbe costituire un indice oggettivo di possibilità di effettivo controllo della cosa, tale da superare le notazioni prima espresse e rendere applicabile l’art. 2051 c.c. (cfr, Cass. Civ. ,Sezione III, sentenza 26 settembre 2006 n. 20823)

Invero, la localizzazione della strada all'interno di tale perimetro, pur costituendo astrattamente un aspetto di oggettiva facilitazione della vigilanza esercitatile da parte del Comune, non assorbe né elide l’aspetto centrale della questione: il fatto , cioè, che il bene di cui trattasi (la strada) rimane caratterizzato da un’estensione, da un’accessibilità, da un diffuso utilizzo da parte di chiunque nonché da una suscettibilità a continue modificazioni che lo rendono tendenzialmente incontrollabile in ogni momento ed in ogni sua parte.

Per cui, davanti a queste connaturali ed intrinseche caratteristiche tipologiche della cosa, la ubicazione di

essa al centro o ai margini del territorio comunale appare davvero aspetto tendenzialmente irrilevante ai fini che ci occupano e non sposta in modo significativo i termini del ragionamento: e si consideri – in chiusura – che in ogni centro urbano di una città di medie dimensioni (per non parlare dei grandi centri urbani) il demanio stradale cittadino, lungi dall’essere ipso facto più controllabile, si articola comunque per decine (se non centinaia) di chilometri di tratta.

A 6)

In definitiva , la fattispecie di responsabilità dedotta in giudizio deve andare ricondotta all’art. 2043 c.c. .

A questo punto si apre un ulteriore questione.

Ferma l’applicabilità della norma, è stato affermato che la responsabilità della p.a. per danni conseguenti all'utilizzo di bene demaniale da parte del soggetto danneggiato non sussisterebbe solo nei casi di cd. “insidia e trabocchetto”, atteso che questi sarebbero solo elementi sintomatici della responsabilità della p.a., che non escludono, perciò, che la colpa dell’amministrazione possa individuarsi, nella singola fattispecie, anche in un diverso suo comportamento .

In sostanza, si ritiene che limitare aprioristicamente la responsabilità della p.a. per danni subiti dagli utenti dei beni demaniali alle sole ipotesi della presenza di insidia o trabocchetto non trovi alcuna base normativa, costituendo un'indubbia posizione di privilegio per la p.a. (in questo senso, Corte di cassazione – Sezione III civile – Sentenza 30 novembre 2006-8 marzo 2007 n. 5307 ; Cass. Civ. Sezione III, sentenza 6 luglio 2006 n. 15384; cfr Cass. 14/3/2006, n. 5445).

Tale tesi non può condividersi.

Ritiene il Tribunale , di contro, che in mancanza dei provati presupposti dell’ “insidia e trabocchetto” ben difficilmente possa configurarsi una reale responsabilità ex art. 2043 c.c. in capo ad un’amministrazione : sulla base dei seguenti motivi.

Anzitutto, va sconfessato il postulato di partenza della avversa opinione: quello secondo cui la non visibilità oggettiva del pericolo e la non prevedibilità subiettiva dello stesso integrino semplicemente dei modelli di condotta colposa della PA, come tali surrogabili da altri comportamenti negligenti.

Invero, i presupposti in questione sono stati messi sempre al centro della responsabilità extracontrattuale dell’amministrazione per i danni che ci occupano non tanto perché individuano una specifica tipologia di colpa del soggetto responsabile (PA), quanto perché essi attengono allo stesso rapporto causale tra una ipotetica condotta illecita del Comune (omissione colposa nella corretta manutenzione della strada) e il pregiudizio lamentato: insomma, gli stessi devono sussistere, dovendo altresì andare provati da parte del danneggiato, perché configurano elementi positivi – di natura causale – del fatto illecito ex art. 2043 c.c. , pur potendo ulteriormente connotare – in termini di maggiore gravità – la colpevolezza del danneggiante.

E’ pacifico , infatti, che il fatto di una “caduta” su suolo demaniale costituisca di per sé un evento neutro che può dipendere da tanti fattori (il comportamento di un terzo, una distrazione, una imprudenza) e dello stesso potrà essere chiamato a rispondere il Comune solo quando si provi che esso sia eziologicamente riferibile proprio ad un comportamento negligente dell’ente.

Ma tale dimostrazione (nesso causale caduta- comportamento negligente, omessa manutenzione) deve risolversi nella prova che il fatto dannoso (la caduta) sia stata la normale e attendibile conseguenza (causalità adeguata) della situazione di dissesto e cattiva manutenzione in cui versava la strada: altrimenti si finirebbe per imputare al Comune ogni caduta di un utente, per il solo fatto che essa si sia verificata sulla pubblica via.

E proseguendo nel ragionamento, tale descritto rapporto di consequenzialità deve necessariamente concretarsi, a sua volta, nella prova che esisteva , al momento del fatto, una condizione fisica del bene di per sé oggettivamente capace di provocare il danno lamentato.

Ciò, in quanto è solo l’intrinseca pericolosità del bene scenario del sinistro che consente di riferire con ragionevole certezza il danno proprio ad una condotta colposa della PA nella scorretta conservazione e gestione del medesimo, non avendo l’amministrazione tenuto la cosa in condizioni tali da non poter nuocere ad alcuno (cfr, Cassazione civile , sez. III, sentenza 27.03.2007 n° 7403 ).

Per cui resta evidente come tale peculiare pericolosità finisca per risolversi, in ultima analisi, nella stessa “insidiosità” della cosa per gli utenti, i quali devono essere stati indotti all’evento dannoso – non da altro ma – da un’ingannevole apparenza di integrità ed affidabilità del bene: siamo giunti, per tale via , alla necessaria prova del cd. “insidia e trabocchetto”.

In definitiva, se si assume che sia prospettabile una responsabilità della PA per omessa manutenzione di una pubblica via senza che si debba provare l’intrinseca pericolosità della strada (cd. insidia e trabocchetto) da cui è derivato il danno, potrebbe rimanere incerta la stessa sussistenza del nesso causale tra la condotta colposa dell’ente pubblico (omessa manutenzione) e il pregiudizio da ristorare: perciò appare preferibile non aderire alla tesi confutata.

.

Nella fattispecie, allora, deve operare l’art. 2043 c.c. nella sua configurazione classica per le ipotesi di responsabilità in esame (insidia e trabocchetto) , con il carico probatorio che ne consegue.

Per cui, va ribadito che sarebbe stato onere del danneggiato dimostrare, oltre evidentemente al fatto lesivo,

la sua riconducibilità causale ad una condizione pericolosa del bene imprevedibile e non visibile , mentre, una volta che ciò fosse stato dimostrato, sulla p.a. avrebbe gravato l’onere di provare che l'evento sarebbe stato semmai da ricondurre, anche o in via esclusiva, a diverso fattore causale -la condotta imprudente del primo – o che comunque erano state adottate tutte le misure del caso (ex pluribus Cass. n.11250 del 2002; Cass. n.6807 del 2002; sul punto si veda anche Corte cost. n. 156 del 1999).

Tanto premesso e passando ad esaminare il merito della controversia, alla luce dei principi appena esposti, appare evidente da subito – contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di Pace, seppur per altro danneggiato – l'assoluta infondatezza della domanda avanzata dall’attore.

Ciò può affermarsi sulla base di quanto allegato direttamente dalla parte, la quale ha affermato che il sinistro sarebbe stato provocato da “un cumulo della spazzatura che occupava l’intera carreggiata”.

Ebbene, un ostacolo di tal fatta va ritenuto per definizione non sussumibile nel concetto di “insidia e trabocchetto”, visto che la sua consistenza ed estensione – per ammissione della stessa parte interessata – non potevano non comportarne una oggettiva percepibilità sulla strada (…”occupava l’intera carreggiata..”) e conseguente evitabilità, per un automobilista di media prudenza.

Né può essere data alcuna rilevanza alle ulteriori circostanze per cui pioveva (“violento temporale”) e la strada non era ben illuminata (in citazione) , visto che tali elementi fattuali avrebbero dovuto indurre l’attore a moderare la sua velocità di marcia (art. 141 Cod. Strada) ed aumentare il suo livello di attenzione , ma non valevano certo a far divenire “insidioso” un ostacolo (l’immondizia) che nella sua oggettività tale non era.

Siamo , pertanto, ben lungi dalla ricorrenza dei requisiti oggettivi e soggettivi prima menzionati per la sussistenza della responsabilità extra-contrattuale invocata.

Le stesse asserzioni addotte dall’attore, in sostanza, non lasciano emergere alcuna reale e consistente situazione pericolosa sul denunciato tratto di strada, situazione che , invece, avrebbe dovuto presentarsi, al fine di poter fondare una domanda risarcitoria, come potenzialmente pregiudizievole per tutti gli utenti ed oggettivamente insidiosa per ciascuno di essi.

Peraltro, l’obiettiva visibilità dei cumuli contestati nel punto in questione è ulteriormente avvalorata dalle produzioni fotografiche allegate in atti dal Comune: e le relative immagini consentono di ritenere, unitamente alle stesse allegazioni di parte attorea, che, considerata l’entità e quantità dei rifiuti posta nei luoghi in esame, il fatto dannoso sia dipeso solo da una distrazione ed imprudenza da parte del Tizio nel condurre la sua autovettura, avendo dovuto il medesimo sempre (art. 141 Cod. Str.) “conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l'arresto tempestivo dello stesso entro i limiti del suo campo di visibilità”.

Anche perché, ad opinare diversamente, avrebbe potuto giustificarsi anche un investimento di diversi pedoni che, nella sera di pioggia in questione, si fossero trovati fermi ad occupare l’intero suolo stradale: il che sarebbe paradossale.

Ed è noto , poi, che, tanto in ipotesi di responsabilità oggettiva della pubblica amministrazione ex articolo 2051 del Cc, quanto in ipotesi di responsabilità ex articolo 2043 del Cc, l’eventuale comportamento colposo del soggetto danneggiato nell’uso di bene demaniale può anche escludere la responsabilità della pubblica amministrazione, quando il comportamento sia potenzialmente idoneo a provocare di per sé solo il danno , interrompendo il nesso eziologico tra il bene e il danno stesso, sì da far regredire la condizione materiale della cosa da causa a mera “occasione” di pregiudizio. ( cfr, Cass. Civ., Sezione III, sentenza 6 aprile 2006 n. 8106;Cass. Civ., Sezione III, sentenza 6 luglio 2006 n. 15384 ).

In definitiva, la prova della mancanza di una reale pericolosità della strada non permette di ritenere l’esistenza del nesso causale tra la stessa ed il danno, mentre, per converso, potrebbe addirittura far affermare che quest’ultimo sia stato eziologicamente riconducibile ad altri fattori causali assorbenti (colpa del danneggiato).

Non solo.

Fermo quanto già osservato in senso assorbente finora, dalla documentazione fotografica in atti si evince anche che i rifiuti in questione non si trovavano lungo la strada in quanto allocati, pur malamente, a margine degli appositi cassonetti di raccolta, ma ivi risultavano letteralmente abbandonati da cittadini al di fuori di ogni controllo e contenitore , in quanto zona fuori mano.

Pertanto la responsabilità da cose in custodia neanche sarebbe stata applicabile al proprietario dell’area ( il Comune) su cui è stato realizzato tale abbandono.

L’art. 14 d.lg. 5 febbraio 1997 n. 22, infatti, qualifica la predetta condotta come una specifica figura di atto illecito, punita dall’ordinamento con sanzioni amministrative connesse alla violazione di una norma di tutela ambientale a tutela della collettività, che fonderebbe la responsabilità del proprietario dell’area che raccoglie i rifiuti sulla presenza dell’elemento soggettivo del dolo e della colpa: ma tali requisiti rimarrebbero per definizione incompatibili con la natura di responsabilità oggettiva della fattispecie civilistica ex art. 2051 c.c. (Consiglio Stato , sez. V, 08 marzo 2005, n. 935)

Spese secondo la soccombenza, come per legge.

P. Q. M.

Il Tribunale, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando in ordine

alla causa in epigrafe,

– Rigetta la domanda attorea;

– Condanna Tizio a rimborsare al Comune di XXXX le spese processuali sostenute nel presente giudizio, che liquida in complessivi € 2.100,00, di cui € 930,00 per diritti, residuo per onorari, oltre rimborso spese generali al 12,50%, IVA e cpa come per legge.

Così deciso in Nola il 18.9.2007; si provveda all’immediato deposito in cancelleria.

Il Giudice

Dott. Alfonso Scermino

(Allegato al verbale d’udienza del 18.09.2007)