"MONZA 603"

E' il codice che uno "stradalino" non vorrebbe mai sentire per radio. E' un codice che racchiude in sé un carico di emozioni, sensazioni, colori, odori, angosce di cui si dovrà far carico. Da solo. E' un codice che ti proietta in un incubo che sai di dovere affrontare in modo pieno, senza che ti venga risparmiato nulla in questo caleidoscopio di dolore.

E' il codice che indica un incidente stradale con esito mortale.

Non importa che sia giorno o notte: la radio impietosa gracchia quel numero inviandoti magari a diverse decine di chilometri da dove ti trovi, perché sei in "esterna" e hai un'intera provincia fatta di strade, stradine e pericoli costituiti da una viabilità molto spesso vecchia di decenni, incapace di supportare la mole di veicoli che ogni giorno la percorre.

La frase è sempre la stessa: "Verona 563, portatevi in località X, via Y incrocio via Z per Monza 603". Sintetica, stringata, essenziale. Racchiude l'ennesimo dramma, tutta la sua ineluttabilità, perché sai che tutto quello che doveva succedere è già successo.
Anche la tua reazione è sempre la stessa: bocca improvvisamente inaridita mentre imposti il navigatore, ripassando mentalmente le procedure e le linee-guida che si devono adottare, mille domande che affollano la mente, la sensazione di impotenza, di essere arrivato tardi.

Tutto si ripete sempre uguale: lampeggianti che squarciano il buio della notte, rumore di pinze e cesoie oleodinamiche, l'odore di ferro, benzina, sangue….

Non ti risparmia proprio niente, un "Monza 603". Nè ciò che vedi, né ciò che in automatico ti trovi a pensare mentre segni i primi punti e inizi a prendere le misure. La ricostruzione della dinamica, lenta ma inesorabile, ti sbatte in faccia un destino sempre beffardo: fosse partito un minuto prima…. non ci fosse stata quella maledetta spalletta in cemento armato…. avesse fatto una strada diversa…. Sono domande che ti fai in automatico, quasi a esorcizzare la Morte. Poi, come sempre, subentra una sensazione di apatia che ti rende "asettico", impermeabile a ogni altra emozione. Ti si richiede tutta la professionalità e la precisione possibili, perché sai che dai tuoi rilievi dipenderanno moltissime cose. E il destino di altrettante persone.

Ma il "Monza 603" è subdolo. Ti lascia lavorare per ore, sembra quasi che tu ce l'abbia fatta. Poi, stai raccogliendo i vari effetti personali dei ragazzi coinvolti in quel sinistro, sparpagliati in un abitacolo disintegrato oppure sparsi lungo la strada, proiettati dall'urto che sempre, con le solite maledette parole, i testimoni definiscono "una bomba". Ad esempio, ci sono 4 o 5 telefoni cellulari, quasi tutti rotti dall'urto. Improvvisamente uno di essi inizia a squillare. Tra le crepe del display leggi una parola che non vorresti leggere mai: "Mamma". E ti trovi lì, come un babbeo, con in mano questo telefono che continua a squillare. Poi smette. Poi ricomincia, sempre "Mamma"…. e tu sei lì che non sai cosa fare, cosa dire.

Poi, la pietosa bugia. Perché nessuno mai sarebbe così pazzo da dire alla "Mamma" che suo figlio è lì, disteso a terra coperto da un lenzuolo. Se per queste bugie noi Poliziotti andremo all'inferno non lo so. Ma la "Mamma" capisce subito: la sua voce è sempre incredula quando all'altro capo del filo sente una voce sconosciuta, sempre si zittisce quando sente le parole "Polizia Stradale", e sempre inizia a urlare quando sente la frase "c'è stato un incidente, il ragazzo è stato trasportato in ospedale". Il copione è sempre lo stesso, ciclico, inalterato.

Il "Monza 603" è anche sadico, non ti risparmia proprio nulla. Il ragazzo coperto da un lenzuolo che sta lì, a pochi metri, non ha documenti. Alla sua identità ci sei arrivato per esclusione, quando hai censito gli altri quattro feriti già portati via dalle ambulanze. Ma non hai la conferma, quella certezza burocratica che ti permetterebbe di dire un nome al magistrato e che momentaneamente ti fa catalogare una vita spezzata come "Ignoto". Il sadismo del 603 ti obbliga a raggiungere una casa, le luci già accese nonostante sia mattino presto, ad affrontare due genitori, il padre fermo sul cancello di un giardino ordinato, la madre ancora in casa che urla un nome. Hai la nausea, un groppo in gola sempre più grosso. Non vorresti scendere dalla macchina, vorresti essere ad anni-luce da lì… Invece no. Scendi, guardi quel padre che ha già capito tutto e senza una parola vi trovate abbracciati l'uno all'altro con le lacrime che sgorgano impetuose e si confondono le une con le altre. Poi, l'obitorio, il riconoscimento ufficiale con il massimo dello strazio dove nemmeno il tuo comandante – poliziotto che ne ha viste di tutti i colori – riesce a nascondere la sua commozione.

Ecco cos'è il "Monza 603": un folletto malvagio che ogni tanto compare sulla tua strada lavorativa con in groppa una gerla di brutti regali che ti obbliga a scartare uno per uno fino all'ultimo. Mentre lo fai, me lo immagino guardarti con un sorrisetto infido, gli occhi socchiusi in due fessure beffarde. Un troll che, quando se ne va, si porta sempre via un pezzetto di te, certo che prima o poi le vostre strade si rincontreranno di nuovo.

Articolo di Gianmarco Calore, un poliziotto.