Riceviamo dal Per. Ind. Luciano Brentonego questo articolo che volentieri pubblichiamo  

Alcuni colleghi Analisti-Ricostruttori di incidenti stradali di diverse regioni d’Italia, attenti lettori di alcuni nostri articoli già pubblicati sul tema [ cfr.FOLIO – Organo Ufficiale del Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e Periti Industriali Laureati (CNPI)- nr.06/2004 e ss. –Link FORUM di ASAIS] , e reperibili rispettivamente sui siti web: www.old-cnpi.it ,  www.asais.it, e www.gaetanoesposito.org ci hanno gentilmente chiesto poter approfondire alcuni punti della teoria da noi studiata e testata nel tempo, sulla applicazione della “Metodologia pratica per la determinazione degli angoli di uscita (fuga) dall’urto, tra veicoli entrati in collisione reciproca”, mediante il corretto uso ed applicazione di opportune equazioni differenziali.

Considerati come integralmente letti ed analizzati dall’attento lettore, i nostri articoli più sopra citati (pubblicati purtroppo, non senza errori tipografici e di calcolo), si ritiene doveroso richiamare alcuni concetti sulle origini e principi applicativi importanti di geometria analitica.

Nell’antichità e per tutto il Medioevo, matematica e geometria sono rimaste due scienze tra loro separate. La matematica, intesa come scienza dei numeri, aveva prevalentemente intenti applicativi, mentre la geometria si sviluppò come scienza principalmente speculativa, quindi astratta.

Nel Seicento il francese R.Decartes (Cartesio, 1596-1650), soldato di professione fino al 1620 e studioso di filosofia tra una battaglia e l’altra, modificò radicalmente tale concezione della geometria, trasformandola in una particolare applicazione dei concetti algebrici. Egli pubblicò infatti nel 1637, la sua Geometria come appendice del suo famoso trattato “Discorso sul metodo”: In essa, voleva mostrare al mondo la potenza del proprio metodo filosofico, individuando la geometria analitica come una delle sue applicazioni. Non si rese subito conto –come spesso accade nelle scoperte umane – che la sua piccola appendice rappresentava una straordinaria rivoluzione scientifica in questo campo. Il nuovo metodo di Cartesio – che sfruttava la grande efficienza del calcolo algebrico –spazzò via il vecchio metodo di intendere e costruire la geometria.

La geometria analitica infatti, trasforma gli oggetti ed il linguaggio tradizionali della geometria, in termini algebrici: una retta quindi diventa un’equazione lineare ed un punto nel piano, è rappresentato da una coppia di numeri (coordinate cartesiane).

Un insieme ordinato può essere rappresentato su una retta. Se l’insieme considerato è quello dei numeri reali (/R), la retta è detta asse cartesiano.

Un piano in cui sono stati fissati due assi cartesiani perpendicolari tra loro, è detto piano cartesiano. Com’è noto, l’asse orizzontale è detto asse delle ascisse, quello verticale asse delle ordinate. La loro intersezione O è detta origine degli assi.

Come è facilmente intuibile, l’introduzione di questo sistema di riferimento ha una straordinaria importanza, non tanto per la possibilità di rappresentare graficamente le coppie ordinate di numeri reali, quanto per il fatto di poter associare ad ogni punto del piano, due numeri ordinati: le sue coordinate. Un segmento è così individuato dalle coordinate dei suoi estremi, una retta da un’equazione, un triangolo dalle coordinate dei suoi vertici,ecc.

In tal modo è possibile trasferire i concetti della geometria classica in ambito diverso, più maneggevole e preciso: l’algebra. Non saranno più necessari riga e compasso per costruire un triangolo equilatero, e la distanza fra due punti non dovrà essere misurata, ma potrà essere semplicemente calcolata.

Altri esempi di sistema di riferimento simili al piano cartesiano, sono la longitudine e la latitudine sulla superficie terrestre o, semplicemente, i numeri e le lettere per indicare righe e colonne di una tabella, di una scacchiera o di una cartina.

Ancora, il piano cartesiano si presta a rappresentare graficamente le relazioni tra due variabili: una relazione non è altro che un’equazione R(x,y) = 0 nelle due incognite x ed y ( es. la quotazione di una moneta ed il tempo; la potenza in relazione al numero di giri di un motore, la velocità in funzione del tempo,ecc.).

Infatti, in questi casi, le coppie di valori (x, y) poste in relazione funzionale tra loro, possono essere considerate le coordinate di altrettanti punti del piano cartesiano. L’insieme di tutti questi punti pertanto, rappresenta il grafico della relazione studiata.

Ne consegue che il grafico della relazione R(x,y) =0 così ottenuto, non è altro che l’insieme dei punti (x,y) del piano, che soddisfano l’equazione data/analizzata.

Analisi funzionale – Calcolo delle variazioni

Le idee ed i concetti generali sulle funzioni sin qui descritti, diventano di grande utilità quando vengono applicati alle funzioni reali. In particolare con lo sviluppo degli studi successivi, che portarono alla definizione dei concetti di limite, derivata, minimo e massimo e integrale di una funzione, propedeutici alla concezione ed alla studio delle equazioni differenziali. Equazioni quest’ultime – com’è noto – che s’incontrano quando la soluzione di un problema consiste nella determinazione non di un numero, bensì di una funzione (analisi funzionale).

L’analisi funzionale infatti, trova applicazione nei più svariati problemi della matematica pratica. Nel calcolo delle variazioni, si tratta di problemi estremali per funzionali definiti su particolari spazi, detti di Banach.

Uno di questi importanti problemi, è senz’altro lo studio della brachistòcrona, nel quale si deve determinare quella traiettoria curvilinea (fig.A), percorrendo la quale un corpo privo di attrito e soggetto alla forza di gravità, si sposta dal punto A(a,c) al punto B(b,d), nel più breve tempo possibile.

Se le traiettorie curve ammesse sono grafici di funzioni ¦ f= C1 (a,b), con f(a)=c e f(b) =d, allora per la velocità vale la seguente equazione: v(t) ={2.g [c-f(t)]} elevato a 1/2, e ciò in base al teorema dell’energia. Ne segue che, per il calcolo dello spazio relativo alla curva percorsa, varrà la seguente equazione:

e per il tempo:

Per cui, per la risoluzione del problema posto sullo studio della traiettoria brachistòcrona, si deve rendere minimo il funzionale definito attraverso T (f).

Figura A

Un altro problema ancora più antico è quello isoperimetrico, secondo il quale una curva di lunghezza (l), piana, semplice e chiusa, differenziabile con continuità a tratti, deve contenere una superficie di area massima (figura B).

Figura B

Se per la curva si sceglie una rappresentazione parametrica [k1(t), k2(t)], allora l’area della superficie assegnata dalla:

che definisce un funzionale  per  il  quale deve essere determinato il massimo, sotto  la seguente condizione aggiuntiva:

Un altro problema, è la determinazione della linea minima che collega due punti A e B, la cosiddetta linea geodetica, sotto la condizione aggiuntiva che tutte le curve ammissibili giacciano in una superficie assegnata contenente A e B (fig.C).

                      Figura C

Equazione differenziale di Eulero o alle derivate parziali

Gli esempi sin qui illustrati, conducono a problemi estremali per funzionali che sono definiti mediante integrali (I) della forma:

Problemi con condizioni aggiuntive, si possono ridurre com’è noto –servendosi dei moltiplicatori di Lagrange – a quelli senza condizioni aggiuntive, con l’azzeramento della derivata di Gateaux per un estremo I nel punto f0, detta anche variazione prima di I (v.fig.E).

FIgura E

Questo ragionamento infatti, conduce ad un’ulteriore riduzione di un problema di variazione ad una equazione differenziale del secondo ordine, ponendo condizione al contorno h(a) = h(b) = 0, che deve essere considerata una funzione prossima ad f0. Procedendo poi mediante integrazione parziale, si ottiene così la cosiddetta Equazione differenziale di Eulero.

Nel caso particolare di studio della traiettoria brachistòcrona [problema che maggiormente interessa l’Analista/Ricostruttore di incidenti stradali, anche ai fini di una corretta determinazione degli angoli di uscita (fuga) dall’urto dei veicoli in conflitto dinamico/spaziale (urto)], questo conduce in particolare alla seguente determinazione:

Ebbene, tutto ciò porta a verificare – com’è notorio – che effettivamente la soluzione del problema è un arco di cicloide, che si può rappresentare anche nella seguente sua forma parametrica:

dove la costante (r) è da determinarsi nuovamente in base alla condizione al contorno f(b) =d.

Elemento fondamentale quest’ultimo, che avvalora alla base la nostra Metodologia applicativa adottata, per una più realistica e corretta determinazione degli angoli di uscita (fuga) dall’urto dei corpi.

In sintesi, poter affermare di aver dimostrato che la traiettoria curvilinea brachistòcrona post-urto, percorsa in rototraslazione dai mezzi dopo una loro collisione reciproca, è costituita incontrovertibilmente da archi di cicloide. Ne consegue che, per formulare condizioni sufficienti anche per estremi funzionali, si deve considerare sempre la derivata seconda di Gateaux, con un ulteriore affinamento dello studio del problema posto, partendo dalla distinzione tra estremi forti ed estremi deboli, tenendo presente che ogni estremo forte è perciò anche un estremo debole, ma che non vale il contrario.

Com’è facile comprendere, questo particolare campo di studio della matematica, è vasto e molto interessante, e si presta a qualsiasi sperimentazione individuale che un ricercatore volenteroso intendesse intraprendere ed applicare, ai vari settori scientifici della conoscenza umana.

In conclusione, con questa mia semplice dissertazione, spero aver almeno in parte risposto alle domande di approfondimento richieste da diversi colleghi, sui principi scientifici posti alla base della applicazione pratica della nostra Metodologia citata all’inizio [corretta determinazione degli angoli di uscita (fuga) dall’urto dei veicoli, dopo una loro reciproca collisione], e da noi elaborata e testata positivamente nel tempo.

Per.ind.Luciano BRENTONEGO